Apertura del diaframma
Il diaframma è quell’elemento dell’ottica della fotocamera che consente il passaggio della luce e l’impressione dell’elemento fotosensibile, ieri la pellicola, oggi il sensore.
Dal punto di vista costruttivo, è l’insieme di più lamelle che, in base alla loro posizione reciproca, consentono di “far passare” la luce da una superficie (foro) più grande o più piccola, a seconda delle esigenze.
Si indica con una “f” seguita da un numero: più grande è il numero, più piccolo è il foro.
Ogni passaggio da un diaframma al successivo o al precedente prende il nome di “stop”, perciò passare da f/2.8 a f/4 si può sinteticamente dire “chiudere il diaframma di uno stop” e così via.
Che effetto ha aprire o chiudere il diaframma? Ottima domanda.
Se apro il diaframma di uno stop, faccio passare il doppio della luce attraverso il foro.
Se chiudo il diaframma di due stop, faccio passare un quarto della luce attraverso il foro.
Per essere rigorosi, devo dirti che la “f” si riferisce alla lunghezza focale, per cui, se utilizzo un’ottica con focale 50mm ed imposto il diaframma a f/2.8, avrò un foro di 50/2.8 = 17,86mm.
Tutto molto bello, ma che c’entra con la fotogrammetria? C’entra e come!
Nel campo fotogrammetrico, come ben sai, la fotografia è l’elemento base che fornisce le informazioni utili per la realizzazione di un modello tridimensionale. Pertanto una fotografia correttamente eseguita, agevola i software structure from motion nella individuazione dei punti comuni a diverse foto.
In questo senso è fondamentale comprendere il funzionamento del diaframma e gli effetti pratici e concreti che una diversa apertura può fornire.
La quantità di luce che colpisce il sensore, influenza direttamente gli altri due capisaldi della fotografia, cioè sensibilità ISO e tempi di scatto.
Diversamente da questi, però, l’apertura del diaframma determina una più rilevante caratteristica ottica, la profondità di campo.
Senza fare troppi “spiegoni”, ti faccio vedere dall’immagine qui sopra cosa è la PdC: è quella zona (intesa come distanza dall’obiettivo) in cui l’immagine è a fuoco, tutto ciò che è più vicino o più lontano non lo è.
Ricorda: più il diaframma è aperto (f/2, o f/2.8) più piccola è questa zona.
Se chiudo il diaframma (f/8, f/11 ecc..) la profondità di campo aumenta, portando a fuoco anche gli oggetti più vicini e più lontani.
Quindi occhio alla messa a fuoco, analizza bene le immagini scattate e verifica che le zone oggetto di ricostruzione fotogrammetrica siano tutte perfettamente a fuoco. Una foto sfocata è irrecuperabile!
So che stai pensando a questa domanda: Quale è la scelta migliore per il diaframma in fotogrammetria?
Purtroppo la risposta è “dipende”.
Spesso ciò che influenza l’utilizzo di un diaframma più aperto è la necessità di modificare la quantità di luce: in una cava in pieno giorno, probabilmente dovrai scegliere di chiudere il diaframma per mitigare la troppa luce, mentre al mattino presto o in giornate molto nuvolose dovrai aprirlo per farne entrare il più possibile.
L’importante è sapere cosa comporta modificare questo parametro, ed adattare gli altri di conseguenza.
Ti invito a sperimentare e testare, perché non esistono MAI condizioni riproducibili e settaggi sempre validi.
Ma la mia camera la uso in AUTO! Un purista della fotografia ci ha appena lasciati….
Va bene, non c’è niente di male, ma è altrettanto vero che devi imparare a capire cosa il software sta facendo e perché lo sta facendo, sapendoti sostituire agli automatismi delle camere.
Buona luce!